Michel Parmentier
La parte significativa dell’intero percorso artistico di Michel Parmentier potrebbe essere riassunto in poche parole, la sua opera “comincia” e finisce con la tecnica delpliage/dépliage ma, più in generale, si identifica in una perpetua riflessione attraverso cui è metodicamente esercitato il dubbio. Se la pittura è praticata attraverso il linguaggio, agito nello spazio creativo della tela e ponderato nella dimensione verbale di scritti frammentari e appunti, l’inseparabilità di etica e prassi (in cui centrale è l’interesse per gli scritti di Louis-René des Forêts, Blanchot e Levinas) conduce Parmentier a un’instancabile verifica dei limiti della pittura. Ciò che ne risulta è un’aporia produttiva: tutto il suo lavoro nega interpretazioni o significati, la pittura è pittura e basta.
Michel Parmentier nasce nel 1938 a Parigi dove avvia i propri studi all’Ecole des Métiers d’Art; qui conosce Daniel Buren con cui fonderà nel 1966, in un periodo, in Francia, di accesi dibattiti teorici intorno alla pittura, il gruppo “Buren, Mosset, Parmentier, Toroni” (B.M.P.T.) con cui, molto più spesso, è identificato.
Frequenta a intermittenza lo studio di Roger Chastel presso l’École Nationale des Beaux- Arts a Parigi mentre il primo esordio pubblico avviene nel 1962 con la partecipazione al Salon de la Jeune Peinture dove riscuote pareri entusiastici da gran parte della critica; da qui e dopo la vittoria del Prix Lefranc nel 1963, prende avvio un’intensa attività espositiva, contattato da numerose gallerie parigine come la Galerie Lutèce in cui sarà presente nella mostra “Exposition inaugurale [50 Artistes / 50 oeuvres]” nel 1965.
Nel corso degli anni Sessanta Parigi ospita numerosissimi concorsi, premi di pittura, esposizioni, esposizioni collettive, biennali etc, ed è proprio all’interno di questo clima che Parmentier partecipa alla III e alla IV Biennale de Paris nel 1963 e nel 1965; al Salon de la Jeune Peinture nel 1962 e ancora nel 1963 e nel 1966; al Salon Grands et Jeunes d’aujourd’hui nel 1963, nel 1964 e nel 1966; e, ovviamente, al XX Salon de Mai nel 1964.
La sua partecipazione al Salon de la Jeune Peinture dal 9 gennaio al 1° febbraio 1966 evidenzia il drastico mutamento a cui i suoi lavori stanno andando incontro già dal novembre-dicembre dell’anno precedente, quando cioè Parmentier comincia a riflettere su componenti pittoriche quali il formato, il colore, la larghezza delle fasce, le spillature, il timbro datario, la firma; un percorso che lo porterà a disconoscere i suoi primi lavori con cui, pure, aveva vinto il Prix Lefranc nel 1963 ma che ora abbandona per seguire una nuova strada segnata dal rifiuto dell’espressivo, dalla scelta di una produzione di opere basata sulla reiterazione attraverso l’azione del ripiegare, del pliage, metodo che mutua da Simon Hantaï, conosciuto grazie a Buren nel 1963, e che aveva già avviato il “Pliage comme méthode” nel 1960.
Ad aprile del 1966 ha finalmente raggiunto una piena, nuova soluzione formale: la tela è leggermente più alta che larga, è precedentemente preparata e uniformemente coperta di bianco mentre le piegature regolari segmentano la tela in numerose fasce orizzontali, pinzate lungo la linea di piegatura e il colore è spruzzato (a introdurre l’idea di neutralità del gesto artistico dal momento in cui il colore è meccanicamente applicato) su tutta la superficie piegata (all-over). L’esecuzione avviene orizzontalmente sul pavimento dopodiché la tela viene stesa sulla parete e vengono rimosse le spillature. Il risultato conclusivo, con il timbro della data e il titolo, le dimensioni scritte a mano e la firma sul retro, rivela adesso numerose fasce orizzontali alternativamente dipinte di un solo colore,
tutte della stessa larghezza (38 cm) ad eccezione di quelle all’estremità superiore e inferiore che variano da opera a opera.
Il primo pliage, Décembre 1965, del tutto senza precedenti, era inizialmente dipinto con fasce orizzontali di magenta chiaro e bianco (come testimonia oggi lo straboccare del magenta sul fronte e sul retro); passeranno quattro mesi prima che ripeta questa
operazione. Il nuovo anno comincia con 5 avril 1966 e finisce con 12 décembre 1966 per un totale di dieci tele realizzate nel corso del 1966, tutte compiute seguendo la medesima operazione, reiterata ancora per tre anni cambiando solamente il colore in modo arbitrario allo scopo di non soccombere al simbolismo del colore: il blu per il 1966, il grigio per il 1967 e il rosso per il 1968.
A sottolineare l’importanza di questo metodo è l’inesauribile preoccupazione dello stesso autore affinché la tela mostri i segni del ripiegamento e del dispiegamento; non a caso, Parmentier nel 1968, annesso all’opera 1968 [rouge], butta giù un modello su un foglio A4 con il quale specifica le condizioni necessarie alla conservazione delle piegature. Comunque, sarà solamente nel 1978, in collaborazione con Michel Durand-Dessert (suo gallerista dal 1978 al 1991), che perfezionerà il metodo espositivo.
Contestualmente, oltre alle tele realizzate a pliage, alcuni lavori (quattro in totale, 25 septembre 1965, 15 octobre 1965, 15 avril 1966, 15 mai 1967) vengono realizzati utilizzando il timbro datario su carta di dimensioni variabili.
Nel 1967 la pittura comincia a servire una causa critica comune: insieme a Daniel Buren fonda un gruppo pittorico al quale si uniranno prima Niele Toroni e più tardi Olivier Mosset. Gli ultimi tre mesi del 1966 sono perciò trascorsi a preparare e pubblicizzare un’esposizione collettiva che attraverso una serie di azioni proporrà una posizione critica all’interno delle esposizioni parigine.
Il gruppo partecipa, allora, al XVIII Salon de la Jeune Peinture al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, durante il quale, secondo un programma prestabilito, intende realizzare le opere in pubblico: Parmentier porta con sé le sue tele quadrate, già preparate e ricoperte
di bianco, e di fronte al pubblico comincia metodicamente la sua ormai definita prassi pittorica con la sola differenza questa volta di applicare il colore attraverso bombolette spray “Grey dove di Krylon”. Durante l’apertura realizza numerosi dipinti mentre sopra lo spazio predisposto per le opere, sistemate da sinistra verso destra, è appeso uno striscione che riporta i nomi dei quattro artisti, “Buren, Mosset, Parmentier, Toroni”, e una voce femminile registrata (quella di Lucie Scheler) è riprodotta in loop e afferma “Buren, Mosset, Parmentier, Toroni advise you to become intelligent (Buren, Mosset, Parmentier, Toroni ti consigliano di diventare intelligente)” in inglese, spagnolo e francese.
Poco prima della conclusione dell’apertura, le tele vengono rimosse e viene appeso un altro striscione, accanto al precedente, che riporta le parole “n’exposent pas” (Manifestation 1).
Alle 20h15 viene inviato ai giornalisti un dèpliant ciclostatilo firmato dai quattro artisti (Manifestation 2) in cui espongono una netta presa di posizione contro i salotti parigini,
affermando: “Pour ces raisons nous nous désolidarisons de façon définitive de tous le Salons parisiens et de tous les Peintres qui y exposent (Per questi motivi ci dissociamo definitivamente da tutti i Saloni parigini e da tutti i Pittori che vi espongono)”.
Dal 29 maggio al 1° giugno, Buren, Mosset, Parmentier e Toroni, invitati a partecipare ad un’esposizione temporanea (“Trois Journées de la rue de Sèvres”) per la quale i negozianti rendono disponibili agli artisti l’allestimento delle proprie vetrine, quella di un negozio di scarpe è ricoperta dai poster di Manifestation 3. Contemporaneamente questi stessi poster, con la foto segnaletica dei quattro, insieme all’invito da loro firmato con cui si convoca il pubblico alla Manifestation 3, vengono appesi per le vie di Parigi.
Da marzo a maggio Parmentier realizza quattro tele grigie (15 mars 1967, 20 mars 1967,18 avril 1967 e 21 mai 1967) mentre a giugno è il momento della Manifestation 3: sul palco dell’auditorium del Musée des Arts Décoratifs di Parigi, sono esposti quattro dipinti delle stesse dimensioni, uno per ogni artista, a formare un grande quadrato. Gli spettatori aspettano quarantacinque minuti che cominci un presumibile spettacolo ma, come verrà rivelato dal pamphlet distribuito al termine, lo spettacolo era “évidemment que de regarder des toiles de Buren-Mosset-Parmentier-Toroni (evidentemente di guardare le tele di Buren-Mosset-Parmentier-Toroni”.
Infine, Manifestation 4. Per la V Biennale de Paris al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, da settembre a novembre 1967, Parmentier espone una tela disposta su telaio, già presentata in occasione di Manifestation 1, insieme, ancora, alle tre degli altri artisti, disposte in ordine alfabetico e nuovamente a formare un quadrato, fissate al muro di un corridoio vicino al bar, in un punto di passaggio fuori dall’usuale spazio espositivo. Di fronte, una struttura verticale completamente ricoperta dai manifesti di Manifestation 4(ancora una volta con la foto segnaletica dei quattro) nasconde un proiettore di diapositive e un magnetofono: durante tutta la mostra vengono proiettate sul soffitto una serie di diapositive, ognuna con un tema specifico, accompagnate da un altoparlante che trasmette un testo didattico sull’illusione dell’arte seguito dall’illuminazione dell’opera di ogni artista a cui si unisce una voce fuoricampo che afferma: “Pas la peinture de Buren, Mosset, Parmentier, Toroni”.
La pittura è, insomma, messa in discussione sotto forma di un triplice rifiuto, quello nei confronti della dimensione espositiva, quello della condizione dell’artista, quello della pittura in quanto tale.
Tuttavia, il 6 dicembre 1967 Parmentier si dissocia da una mostra che riunisce i lavori di Buren, Mosset e Toroni alla Galerie J di Parigi, in cui i tre presentano ciascuno le tele dell’altro insieme alla propria, firmando tutte e tre le opere con i loro nomi. Parmentier annuncia in un pamphlet il totale distacco dal nuovo atteggiamento dei tre sostenendo che, nell’introdurre il concetto secondo cui ogni artista può aver dipinto la tela degli altri, rivendicando come propria la responsabilità delle altre tre tele, questi abbiano abbandonato la rigida ripetizione a favore della variazione nella propria pittura;
atteggiamento che Parmentier definisce “rétrograde”, un passo indietro rispetto alle posizioni che i quattro avevano difeso insieme fino ad allora. Per tale motivo egli dichiara: “Le Groupe Buren – Mosset – Parmentier – Toroni n’existe plus (Il Gruppo Buren–Mosset– Parmentier–Toroni non esiste più)”.
Il 1967 si conclude con la realizzazione di quattro ulteriori opere: 20 septembre 1967, 8 novembre 1967, 15 novembre 1967, 16 novembre 1967, mentre il nuovo anno comincia con 1968 [rouge] e prosegue con altre dieci tele da 15 janvier 1968 a 5 août 1968 prima di smettere definitivamente di dipingere per quindici anni.
Parmentier smette di dipingere ma non scompare dalla pittura. Sono infatti quindici anni non di silenzio, ma di cessazione della pratica pittorica, durante i quali la pittura è sì, disattivata dalla scena dell’arte ma perseguita come ragion d’essere, illuminata da scritti frammentari e da appunti. Il silenzio non corrisponde, insomma, ad una sospensione del lavoro.
Pertanto, nel 1972, invitato alla mostra “Douze ans d’art contemporain en France 1960- 1972”, accetta di esporre un esemplare di ciascuna delle sue tele (1966, 1967, 1968) e pubblica nel catalogo una lettera aperta a François Mathey, curatore della mostra, in cui esplica riflessioni e ragioni in merito all’abbandono della pratica pittorica: “Si mon travail est lui-même théorie, toute la théorie, mon départ, lui, doit avoir recours aux mots pour n’être ni fausse sortie, ni suspecte désaffection, ni désertion mal motivée d’artiste qui se recycle; cette absence, cette cessation est le prolongement intime de mon travail, elle est directement dictée par la qualité objectivement subversive de celui-ci (Se il mio lavoro è esso stesso teoria, tutta teoria, il mio distacco, deve ricorrere a delle parole per non essere né una falsa uscita, né una sospetta disaffezione e neppure una mal motivata diserzione di un artista che si riqualifica; questa assenza, questa cessazione è l’intima estensione del mio lavoro, è direttamente dettata dalla qualità oggettivamente sovversiva di esso)”.
Ancora in merito al suo “quasi silenzio – ma detto”, in un’intervista di Michel Nuridsany, nel settembre del 1988, egli affermerà “J’abandonne maintenant la couleur et la peinture elle-même comme matériau pour que ce soit un peu plus transparent, un peu plus silencieux. […] Je voudrais simplement, qu’à partir de là, quelques autres aient envie de faire passer ce discours non violent, cette espèce d’interrogation vaine contre la somptuosité impérialiste. […] Les gens qui ne doutent pas systématiquement, en 1988, me font gerber. […] Dans la peinture il faudrait presque disparaître, oublier le talent qu’on pouvait avoir”, concludendo: “Se gommer. Je crois m’être bien gommé mais je me rends compte que je dois maintenant me gommer encore plus. Et ça n’est pas fini (Ora sto rinunciando al colore e alla pittura stessa come materiale per renderlo un po’ più trasparente, un po’ più silenzioso. […] Vorrei semplicemente che da qui, altri avessero la volontà di trasmettere questo discorso non violento, questa specie di vana interrogazione contro la sontuosità imperialista. […] Le persone che non dubitano sistematicamente, nel 1988, mi fanno vomitare. […] Nella pittura dovresti quasi scomparire, dimenticare il talento che potresti avere”, concludendo: “Per cancellarti. Penso di essermi cancellato bene ma mi rendo conto che ora devo cancellarmi ancora di più. E non è finita)”.
Dieci anni dopo aver smesso di dipingere, Parmentier espone per la prima volta nella mostra personale “Michel Parmentier (3 toiles de 1966, 1967, 1968)” presso la Galerie Liliane & Michel Durand-Dessert di Parigi; egli aveva conosciuto già i coniugi Durand- Dessert grazie a Toroni e da questo momenti Liliane e Michel rappresenteranno Parmentier sino al 1991.
La pittura è recuperata solo nel 1983, al punto esatto in cui sembrava averla abbandonata: per due anni, ininterrottamente fino al 1985, realizza tele con strisce orizzontali bianche e nere; se le tele della fase precedente erano meno preparate (e perciò più assorbenti) e presentavano delle differenze di brillantezza tra le superfici dipinte, adesso la superficie è unificata da una finitura verniciata con lacche.
Ancora una personale (“Parmentier 1983-1984”) presso la Galerie Liliane & Michel Durand-Dessert nel 1984 espone le opere realizzate nei primi due anni dalla ripresa della pratica pittorica.
A interrompere il totale dominio dal 1983 al 1985 delle tele in bianco e nero è la realizzazione, dall’aprile del 1986 al dicembre del 1989, di lavori su carta di giornale vergine, fragile e porosa; la superficie non è più liscia ma assorbente e Parmentier, al posto dell’usuale preparazione della tela, allinea verticalmente bande di carta creando un piano su cui ripete, da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso, tratti di grafite che cambiano di opera in opera, talvolta irregolari e di intensità variabile. Parmentier traccia, replicando un gesto quasi identico, non comunicativo, in costante equilibro tra il nulla e lo schizzo, tra il detto e non detto.
Da questo momento, inoltre, Parmentier non firma più le proprie opere che sono numerate e timbrate con la data dell’esecuzione.
Espone i nuovi lavori, da settembre a ottobre del 1988 alla Galerie Liliane & Michel Durand-Dessert (27 juin 1988, 12 août 1988, 1er septembre 1988) e al Centre national des arts plastiques di Parigi (17 juillet 1988, 18 août 1988, 27 juin 1988).
Dall’ottobre 1989 la ricerca dell’artista si concentra sulla cancellazione della sua traccaia pittorica, operata già sulla carta di giornale, viene ulteriormente approfondita con la scelta di utilizzare la carta da lucido, un supporto traslucido e semitrasparente: questa rende infatti visibile il supporto su cui l’opera è tenuta e la sua trasparenza gioca un ruolo decisivo nella dialettica del mostrare e del percepire poiché il suo grado di trasparenza vela il muro retrostante ma non lo nasconde del tutto.
I primi lavori su carta da lucido realizzati a carboncino sono 9 décembre 1989 e 14 décembre 1989 in cui il carboncino è applicato eseguendo sempre lo stesso movimento circolare.
In molti lavori, la grana del supporto (del muro o del pannello) su cui è realizzata l’opera appare sulla superficie del foglio; è una pittura di contatto, frottage, in cui il supporto è calcato dalla pressione esercitata dallo strofinare del carboncino, della grafite o del pastello.
Nei primi lavori a pastello bianco, 13 décembre 1989, 18 décembre 1989, 5 janvier 1990,20 février 1990, il colore è steso con la parte piatta del pastello facendo pressione, una stesura dopo l’altra, unite e verticali, della stessa lunghezza dall’alto verso il basso e da sinistra verso destra così da coprire tutta la superficie. Lo stesso principio è applicato
anche nei lavori con oil-bar (6 mars 1991, 5 mai 1991 II, 5 mai 1991 IV) e a pastello grigio (19 avril 1991, 25 avril 1991, 4 juin 1991 II).
Intanto, dall’aprile del 1991, Parmentier raggiunge regolarmente Bruxelles per preparare la mostra “Buren Parmentier”, 7 giungo – 20 luglio 1991 al Palais des Beaux Arts. In queste occasioni realizza numerosi lavori nello studio di Guy Massaux situato al 123 di rue Marconi a Forest, un comune della Regione di Bruxelles-Capitale. Nello stesso periodo lascia la Galerie Liliane & Michele Durand-Dessert. Le ragioni di tale separazione sono chiaramente riportate da Parmentier nella lettera aperta Quand des questions que nous voulons sérieuses sont éludées entre poire et cigare dans les dîners en ville (Quando le questioni che riteniamo serie vengono risolte fra un bicchiere di grappa alle pere e un sigaro nelle cene in città), nella quale afferma che, successivamente alla censura del libroPropos délibérés (nel pubblicare il quale Parmentier e Buren avevano scatenato accese polemiche) esercitata da Durand-Dessert con il rifiuto di venderlo nel suo nuovo spazio, “cet acte m’amène a quitter une gallerie où je ne me sens plus à ma place (questo atto mi porta ad uscire da una galleria dove non mi sento più al mio posto)”.
Pertanto, dal 29 aprile al 30 maggio, dopo tale rottura, Parmentier espone una serie di quattro lavori su carta da lucido presso la galleria parigina di Isy Brachot.
Il periodo di lavoro con la carta da lucido termina con 6 juin 1991 e una nuova fase di produzione artistica è inaugurata a marzo del 1993 quando, su suggerimento di Guy Massaux, artista divenuto suo stabile assistente, Parmentier utilizer la carta da lucido in poliestere, materiale meno fragile e meno soggetto a strapparsi rispetto alla carta da lucido.
In una prima serie di lavori (da 31 mars 1993 a 15 mars 1994), realizzati in preparazione della mostra “Michel Parmentier” al Carré des Arts di Parigi, 17 marzo – 15 maggio 1994, ripete l’operazione di allineare su tutta la superficie le applicazioni verticali di oil-bar, larghe tra i 4 e i 5 cm e alte 38 cm.
Nell’aprile del 1994, presso lo studio di Guy Massaux, viene registrato il film 304×308 presque le silence, un documentario di 26 minuti co-scritto da Bernard Bloch e Agnès Foiret. E, ancora qui, il 19 aprile 1997, si tiene la mostra “Michel Parmentier, (304 x 308) (076 x 308) (304 x 308) 15 mars 1994 05 juillet 1995 26 mai 1996”, organizzata e realizzata su iniziativa del collezionista Bruno van Lierde e Guy Massaux con la collaborazione di Jean-François Fontaine. I lavori di Parmentier, 15 mars 1994, 5 juillet 1995, 26 mai 1996, sono esposti per sette ore soltanto mentre un video VHS del film viene trasmesso in continuazione.
L’intero percorso creativo di Michel Parmentier si conclude definitivamente con l’opera 20 novembre 1999; realizzata per la mostra “JARS IV tegenvleug /à rebrousse-poil (Positie in de schilderkunst – Positions dans la peinture)” presso il Kunstcentrum Sittard dal dicembre 1999 al febbraio 2000 su iniziativa di Jos Cleevers, direttore del Kunstcentrum Sittard, Luk Lambrecht e Guy Massaux sono scelti come curatori ed invitano ad esporre Parmentier la cui opera viene in questa occasione messa in dialogo da Massaux con un a tela di Simon Hantaï; il 21 novembre 2000, dopo la morte dell’artista, inaugura presso la Galerie Jean Fournier di Parigi la mostra “Michel Parmentier: présentation de l’œvre 20 11 99” dove 20 novembre 1999 è esposta nello stesso punto in cui, trentacinque anni prima, era stata collocata Décembre 1965.
Nel 2001, il Centre Pompidou – Beaubourg organizzerà una doppia mostra: Simon Hantaï/Michel Parmentier, dal 17 gennaio al 19 marzo a Parigi. Successivamente, la Galerie Jean Fournier (2011) e la Galerie Loevenbruck (2014) di Parigi dedicano due importanti mostre personali a Parmentier; sempre nel 2014, “Michel Parmentier, Décembre 1965 – 20 Novembre 1999, une rétrospective”, a cura Guy Massaux è organizzata nella Villa Tamaris, Centre d’Art a La Seyne-sur-Mer. Una selezione di tele è poi esposta a Venezia a Punta della Dogana, in occasione della mostra “Accrochage” (2016) promossa dalla Pinault Collection. Nel 2018 viene presentata al Eli and Edythe Broad Art Museum presso la Michigan State University la prima retrospettiva dell’artista negli Stati Uniti, mentre nel 2021 14 février 1990 viene esposta nella selezione “Unlimited” di Art Basel 2021 a Basilea (CH), a cura di Giovanni Carmine.
Le gallerie Il Ponte (Firenze, 2022) e Eduardo Secci (Milano, 2023) presentano la prima retrospettiva italiana “Michel Parmentier. Opere e documenti”, a cura di Guy Massaux.
La parte significativa dell’intero percorso artistico di Michel Parmentier potrebbe essere riassunto in poche parole, la sua opera “comincia” e finisce con la tecnica delpliage/dépliage ma, più in generale, si identifica in una perpetua riflessione attraverso cui è metodicamente esercitato il dubbio. Se la pittura è praticata attraverso il linguaggio, agito nello spazio creativo della tela e ponderato nella dimensione verbale di scritti frammentari e appunti, l’inseparabilità di etica e prassi (in cui centrale è l’interesse per gli scritti di Louis-René des Forêts, Blanchot e Levinas) conduce Parmentier a un’instancabile verifica dei limiti della pittura. Ciò che ne risulta è un’aporia produttiva: tutto il suo lavoro nega interpretazioni o significati, la pittura è pittura e basta.
Michel Parmentier nasce nel 1938 a Parigi dove avvia i propri studi all’Ecole des Métiers d’Art; qui conosce Daniel Buren con cui fonderà nel 1966, in un periodo, in Francia, di accesi dibattiti teorici intorno alla pittura, il gruppo “Buren, Mosset, Parmentier, Toroni” (B.M.P.T.) con cui, molto più spesso, è identificato.
Frequenta a intermittenza lo studio di Roger Chastel presso l’École Nationale des Beaux- Arts a Parigi mentre il primo esordio pubblico avviene nel 1962 con la partecipazione al Salon de la Jeune Peinture dove riscuote pareri entusiastici da gran parte della critica; da qui e dopo la vittoria del Prix Lefranc nel 1963, prende avvio un’intensa attività espositiva, contattato da numerose gallerie parigine come la Galerie Lutèce in cui sarà presente nella mostra “Exposition inaugurale [50 Artistes / 50 oeuvres]” nel 1965.
Nel corso degli anni Sessanta Parigi ospita numerosissimi concorsi, premi di pittura, esposizioni, esposizioni collettive, biennali etc, ed è proprio all’interno di questo clima che Parmentier partecipa alla III e alla IV Biennale de Paris nel 1963 e nel 1965; al Salon de la Jeune Peinture nel 1962 e ancora nel 1963 e nel 1966; al Salon Grands et Jeunes d’aujourd’hui nel 1963, nel 1964 e nel 1966; e, ovviamente, al XX Salon de Mai nel 1964.
La sua partecipazione al Salon de la Jeune Peinture dal 9 gennaio al 1° febbraio 1966 evidenzia il drastico mutamento a cui i suoi lavori stanno andando incontro già dal novembre-dicembre dell’anno precedente, quando cioè Parmentier comincia a riflettere su componenti pittoriche quali il formato, il colore, la larghezza delle fasce, le spillature, il timbro datario, la firma; un percorso che lo porterà a disconoscere i suoi primi lavori con cui, pure, aveva vinto il Prix Lefranc nel 1963 ma che ora abbandona per seguire una nuova strada segnata dal rifiuto dell’espressivo, dalla scelta di una produzione di opere basata sulla reiterazione attraverso l’azione del ripiegare, del pliage, metodo che mutua da Simon Hantaï, conosciuto grazie a Buren nel 1963, e che aveva già avviato il “Pliage comme méthode” nel 1960.
Ad aprile del 1966 ha finalmente raggiunto una piena, nuova soluzione formale: la tela è leggermente più alta che larga, è precedentemente preparata e uniformemente coperta di bianco mentre le piegature regolari segmentano la tela in numerose fasce orizzontali, pinzate lungo la linea di piegatura e il colore è spruzzato (a introdurre l’idea di neutralità del gesto artistico dal momento in cui il colore è meccanicamente applicato) su tutta la superficie piegata (all-over). L’esecuzione avviene orizzontalmente sul pavimento dopodiché la tela viene stesa sulla parete e vengono rimosse le spillature. Il risultato conclusivo, con il timbro della data e il titolo, le dimensioni scritte a mano e la firma sul retro, rivela adesso numerose fasce orizzontali alternativamente dipinte di un solo colore,
tutte della stessa larghezza (38 cm) ad eccezione di quelle all’estremità superiore e inferiore che variano da opera a opera.
Il primo pliage, Décembre 1965, del tutto senza precedenti, era inizialmente dipinto con fasce orizzontali di magenta chiaro e bianco (come testimonia oggi lo straboccare del magenta sul fronte e sul retro); passeranno quattro mesi prima che ripeta questa
operazione. Il nuovo anno comincia con 5 avril 1966 e finisce con 12 décembre 1966 per un totale di dieci tele realizzate nel corso del 1966, tutte compiute seguendo la medesima operazione, reiterata ancora per tre anni cambiando solamente il colore in modo arbitrario allo scopo di non soccombere al simbolismo del colore: il blu per il 1966, il grigio per il 1967 e il rosso per il 1968.
A sottolineare l’importanza di questo metodo è l’inesauribile preoccupazione dello stesso autore affinché la tela mostri i segni del ripiegamento e del dispiegamento; non a caso, Parmentier nel 1968, annesso all’opera 1968 [rouge], butta giù un modello su un foglio A4 con il quale specifica le condizioni necessarie alla conservazione delle piegature. Comunque, sarà solamente nel 1978, in collaborazione con Michel Durand-Dessert (suo gallerista dal 1978 al 1991), che perfezionerà il metodo espositivo.
Contestualmente, oltre alle tele realizzate a pliage, alcuni lavori (quattro in totale, 25 septembre 1965, 15 octobre 1965, 15 avril 1966, 15 mai 1967) vengono realizzati utilizzando il timbro datario su carta di dimensioni variabili.
Nel 1967 la pittura comincia a servire una causa critica comune: insieme a Daniel Buren fonda un gruppo pittorico al quale si uniranno prima Niele Toroni e più tardi Olivier Mosset. Gli ultimi tre mesi del 1966 sono perciò trascorsi a preparare e pubblicizzare un’esposizione collettiva che attraverso una serie di azioni proporrà una posizione critica all’interno delle esposizioni parigine.
Il gruppo partecipa, allora, al XVIII Salon de la Jeune Peinture al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, durante il quale, secondo un programma prestabilito, intende realizzare le opere in pubblico: Parmentier porta con sé le sue tele quadrate, già preparate e ricoperte
di bianco, e di fronte al pubblico comincia metodicamente la sua ormai definita prassi pittorica con la sola differenza questa volta di applicare il colore attraverso bombolette spray “Grey dove di Krylon”. Durante l’apertura realizza numerosi dipinti mentre sopra lo spazio predisposto per le opere, sistemate da sinistra verso destra, è appeso uno striscione che riporta i nomi dei quattro artisti, “Buren, Mosset, Parmentier, Toroni”, e una voce femminile registrata (quella di Lucie Scheler) è riprodotta in loop e afferma “Buren, Mosset, Parmentier, Toroni advise you to become intelligent (Buren, Mosset, Parmentier, Toroni ti consigliano di diventare intelligente)” in inglese, spagnolo e francese.
Poco prima della conclusione dell’apertura, le tele vengono rimosse e viene appeso un altro striscione, accanto al precedente, che riporta le parole “n’exposent pas” (Manifestation 1).
Alle 20h15 viene inviato ai giornalisti un dèpliant ciclostatilo firmato dai quattro artisti (Manifestation 2) in cui espongono una netta presa di posizione contro i salotti parigini,
affermando: “Pour ces raisons nous nous désolidarisons de façon définitive de tous le Salons parisiens et de tous les Peintres qui y exposent (Per questi motivi ci dissociamo definitivamente da tutti i Saloni parigini e da tutti i Pittori che vi espongono)”.
Dal 29 maggio al 1° giugno, Buren, Mosset, Parmentier e Toroni, invitati a partecipare ad un’esposizione temporanea (“Trois Journées de la rue de Sèvres”) per la quale i negozianti rendono disponibili agli artisti l’allestimento delle proprie vetrine, quella di un negozio di scarpe è ricoperta dai poster di Manifestation 3. Contemporaneamente questi stessi poster, con la foto segnaletica dei quattro, insieme all’invito da loro firmato con cui si convoca il pubblico alla Manifestation 3, vengono appesi per le vie di Parigi.
Da marzo a maggio Parmentier realizza quattro tele grigie (15 mars 1967, 20 mars 1967,18 avril 1967 e 21 mai 1967) mentre a giugno è il momento della Manifestation 3: sul palco dell’auditorium del Musée des Arts Décoratifs di Parigi, sono esposti quattro dipinti delle stesse dimensioni, uno per ogni artista, a formare un grande quadrato. Gli spettatori aspettano quarantacinque minuti che cominci un presumibile spettacolo ma, come verrà rivelato dal pamphlet distribuito al termine, lo spettacolo era “évidemment que de regarder des toiles de Buren-Mosset-Parmentier-Toroni (evidentemente di guardare le tele di Buren-Mosset-Parmentier-Toroni”.
Infine, Manifestation 4. Per la V Biennale de Paris al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, da settembre a novembre 1967, Parmentier espone una tela disposta su telaio, già presentata in occasione di Manifestation 1, insieme, ancora, alle tre degli altri artisti, disposte in ordine alfabetico e nuovamente a formare un quadrato, fissate al muro di un corridoio vicino al bar, in un punto di passaggio fuori dall’usuale spazio espositivo. Di fronte, una struttura verticale completamente ricoperta dai manifesti di Manifestation 4(ancora una volta con la foto segnaletica dei quattro) nasconde un proiettore di diapositive e un magnetofono: durante tutta la mostra vengono proiettate sul soffitto una serie di diapositive, ognuna con un tema specifico, accompagnate da un altoparlante che trasmette un testo didattico sull’illusione dell’arte seguito dall’illuminazione dell’opera di ogni artista a cui si unisce una voce fuoricampo che afferma: “Pas la peinture de Buren, Mosset, Parmentier, Toroni”.
La pittura è, insomma, messa in discussione sotto forma di un triplice rifiuto, quello nei confronti della dimensione espositiva, quello della condizione dell’artista, quello della pittura in quanto tale.
Tuttavia, il 6 dicembre 1967 Parmentier si dissocia da una mostra che riunisce i lavori di Buren, Mosset e Toroni alla Galerie J di Parigi, in cui i tre presentano ciascuno le tele dell’altro insieme alla propria, firmando tutte e tre le opere con i loro nomi. Parmentier annuncia in un pamphlet il totale distacco dal nuovo atteggiamento dei tre sostenendo che, nell’introdurre il concetto secondo cui ogni artista può aver dipinto la tela degli altri, rivendicando come propria la responsabilità delle altre tre tele, questi abbiano abbandonato la rigida ripetizione a favore della variazione nella propria pittura;
atteggiamento che Parmentier definisce “rétrograde”, un passo indietro rispetto alle posizioni che i quattro avevano difeso insieme fino ad allora. Per tale motivo egli dichiara: “Le Groupe Buren – Mosset – Parmentier – Toroni n’existe plus (Il Gruppo Buren–Mosset– Parmentier–Toroni non esiste più)”.
Il 1967 si conclude con la realizzazione di quattro ulteriori opere: 20 septembre 1967, 8 novembre 1967, 15 novembre 1967, 16 novembre 1967, mentre il nuovo anno comincia con 1968 [rouge] e prosegue con altre dieci tele da 15 janvier 1968 a 5 août 1968 prima di smettere definitivamente di dipingere per quindici anni.
Parmentier smette di dipingere ma non scompare dalla pittura. Sono infatti quindici anni non di silenzio, ma di cessazione della pratica pittorica, durante i quali la pittura è sì, disattivata dalla scena dell’arte ma perseguita come ragion d’essere, illuminata da scritti frammentari e da appunti. Il silenzio non corrisponde, insomma, ad una sospensione del lavoro.
Pertanto, nel 1972, invitato alla mostra “Douze ans d’art contemporain en France 1960- 1972”, accetta di esporre un esemplare di ciascuna delle sue tele (1966, 1967, 1968) e pubblica nel catalogo una lettera aperta a François Mathey, curatore della mostra, in cui esplica riflessioni e ragioni in merito all’abbandono della pratica pittorica: “Si mon travail est lui-même théorie, toute la théorie, mon départ, lui, doit avoir recours aux mots pour n’être ni fausse sortie, ni suspecte désaffection, ni désertion mal motivée d’artiste qui se recycle; cette absence, cette cessation est le prolongement intime de mon travail, elle est directement dictée par la qualité objectivement subversive de celui-ci (Se il mio lavoro è esso stesso teoria, tutta teoria, il mio distacco, deve ricorrere a delle parole per non essere né una falsa uscita, né una sospetta disaffezione e neppure una mal motivata diserzione di un artista che si riqualifica; questa assenza, questa cessazione è l’intima estensione del mio lavoro, è direttamente dettata dalla qualità oggettivamente sovversiva di esso)”.
Ancora in merito al suo “quasi silenzio – ma detto”, in un’intervista di Michel Nuridsany, nel settembre del 1988, egli affermerà “J’abandonne maintenant la couleur et la peinture elle-même comme matériau pour que ce soit un peu plus transparent, un peu plus silencieux. […] Je voudrais simplement, qu’à partir de là, quelques autres aient envie de faire passer ce discours non violent, cette espèce d’interrogation vaine contre la somptuosité impérialiste. […] Les gens qui ne doutent pas systématiquement, en 1988, me font gerber. […] Dans la peinture il faudrait presque disparaître, oublier le talent qu’on pouvait avoir”, concludendo: “Se gommer. Je crois m’être bien gommé mais je me rends compte que je dois maintenant me gommer encore plus. Et ça n’est pas fini (Ora sto rinunciando al colore e alla pittura stessa come materiale per renderlo un po’ più trasparente, un po’ più silenzioso. […] Vorrei semplicemente che da qui, altri avessero la volontà di trasmettere questo discorso non violento, questa specie di vana interrogazione contro la sontuosità imperialista. […] Le persone che non dubitano sistematicamente, nel 1988, mi fanno vomitare. […] Nella pittura dovresti quasi scomparire, dimenticare il talento che potresti avere”, concludendo: “Per cancellarti. Penso di essermi cancellato bene ma mi rendo conto che ora devo cancellarmi ancora di più. E non è finita)”.
Dieci anni dopo aver smesso di dipingere, Parmentier espone per la prima volta nella mostra personale “Michel Parmentier (3 toiles de 1966, 1967, 1968)” presso la Galerie Liliane & Michel Durand-Dessert di Parigi; egli aveva conosciuto già i coniugi Durand- Dessert grazie a Toroni e da questo momenti Liliane e Michel rappresenteranno Parmentier sino al 1991.
La pittura è recuperata solo nel 1983, al punto esatto in cui sembrava averla abbandonata: per due anni, ininterrottamente fino al 1985, realizza tele con strisce orizzontali bianche e nere; se le tele della fase precedente erano meno preparate (e perciò più assorbenti) e presentavano delle differenze di brillantezza tra le superfici dipinte, adesso la superficie è unificata da una finitura verniciata con lacche.
Ancora una personale (“Parmentier 1983-1984”) presso la Galerie Liliane & Michel Durand-Dessert nel 1984 espone le opere realizzate nei primi due anni dalla ripresa della pratica pittorica.
A interrompere il totale dominio dal 1983 al 1985 delle tele in bianco e nero è la realizzazione, dall’aprile del 1986 al dicembre del 1989, di lavori su carta di giornale vergine, fragile e porosa; la superficie non è più liscia ma assorbente e Parmentier, al posto dell’usuale preparazione della tela, allinea verticalmente bande di carta creando un piano su cui ripete, da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso, tratti di grafite che cambiano di opera in opera, talvolta irregolari e di intensità variabile. Parmentier traccia, replicando un gesto quasi identico, non comunicativo, in costante equilibro tra il nulla e lo schizzo, tra il detto e non detto.
Da questo momento, inoltre, Parmentier non firma più le proprie opere che sono numerate e timbrate con la data dell’esecuzione.
Espone i nuovi lavori, da settembre a ottobre del 1988 alla Galerie Liliane & Michel Durand-Dessert (27 juin 1988, 12 août 1988, 1er septembre 1988) e al Centre national des arts plastiques di Parigi (17 juillet 1988, 18 août 1988, 27 juin 1988).
Dall’ottobre 1989 la ricerca dell’artista si concentra sulla cancellazione della sua traccaia pittorica, operata già sulla carta di giornale, viene ulteriormente approfondita con la scelta di utilizzare la carta da lucido, un supporto traslucido e semitrasparente: questa rende infatti visibile il supporto su cui l’opera è tenuta e la sua trasparenza gioca un ruolo decisivo nella dialettica del mostrare e del percepire poiché il suo grado di trasparenza vela il muro retrostante ma non lo nasconde del tutto.
I primi lavori su carta da lucido realizzati a carboncino sono 9 décembre 1989 e 14 décembre 1989 in cui il carboncino è applicato eseguendo sempre lo stesso movimento circolare.
In molti lavori, la grana del supporto (del muro o del pannello) su cui è realizzata l’opera appare sulla superficie del foglio; è una pittura di contatto, frottage, in cui il supporto è calcato dalla pressione esercitata dallo strofinare del carboncino, della grafite o del pastello.
Nei primi lavori a pastello bianco, 13 décembre 1989, 18 décembre 1989, 5 janvier 1990,20 février 1990, il colore è steso con la parte piatta del pastello facendo pressione, una stesura dopo l’altra, unite e verticali, della stessa lunghezza dall’alto verso il basso e da sinistra verso destra così da coprire tutta la superficie. Lo stesso principio è applicato
anche nei lavori con oil-bar (6 mars 1991, 5 mai 1991 II, 5 mai 1991 IV) e a pastello grigio (19 avril 1991, 25 avril 1991, 4 juin 1991 II).
Intanto, dall’aprile del 1991, Parmentier raggiunge regolarmente Bruxelles per preparare la mostra “Buren Parmentier”, 7 giungo – 20 luglio 1991 al Palais des Beaux Arts. In queste occasioni realizza numerosi lavori nello studio di Guy Massaux situato al 123 di rue Marconi a Forest, un comune della Regione di Bruxelles-Capitale. Nello stesso periodo lascia la Galerie Liliane & Michele Durand-Dessert. Le ragioni di tale separazione sono chiaramente riportate da Parmentier nella lettera aperta Quand des questions que nous voulons sérieuses sont éludées entre poire et cigare dans les dîners en ville (Quando le questioni che riteniamo serie vengono risolte fra un bicchiere di grappa alle pere e un sigaro nelle cene in città), nella quale afferma che, successivamente alla censura del libroPropos délibérés (nel pubblicare il quale Parmentier e Buren avevano scatenato accese polemiche) esercitata da Durand-Dessert con il rifiuto di venderlo nel suo nuovo spazio, “cet acte m’amène a quitter une gallerie où je ne me sens plus à ma place (questo atto mi porta ad uscire da una galleria dove non mi sento più al mio posto)”.
Pertanto, dal 29 aprile al 30 maggio, dopo tale rottura, Parmentier espone una serie di quattro lavori su carta da lucido presso la galleria parigina di Isy Brachot.
Il periodo di lavoro con la carta da lucido termina con 6 juin 1991 e una nuova fase di produzione artistica è inaugurata a marzo del 1993 quando, su suggerimento di Guy Massaux, artista divenuto suo stabile assistente, Parmentier utilizer la carta da lucido in poliestere, materiale meno fragile e meno soggetto a strapparsi rispetto alla carta da lucido.
In una prima serie di lavori (da 31 mars 1993 a 15 mars 1994), realizzati in preparazione della mostra “Michel Parmentier” al Carré des Arts di Parigi, 17 marzo – 15 maggio 1994, ripete l’operazione di allineare su tutta la superficie le applicazioni verticali di oil-bar, larghe tra i 4 e i 5 cm e alte 38 cm.
Nell’aprile del 1994, presso lo studio di Guy Massaux, viene registrato il film 304×308 presque le silence, un documentario di 26 minuti co-scritto da Bernard Bloch e Agnès Foiret. E, ancora qui, il 19 aprile 1997, si tiene la mostra “Michel Parmentier, (304 x 308) (076 x 308) (304 x 308) 15 mars 1994 05 juillet 1995 26 mai 1996”, organizzata e realizzata su iniziativa del collezionista Bruno van Lierde e Guy Massaux con la collaborazione di Jean-François Fontaine. I lavori di Parmentier, 15 mars 1994, 5 juillet 1995, 26 mai 1996, sono esposti per sette ore soltanto mentre un video VHS del film viene trasmesso in continuazione.
L’intero percorso creativo di Michel Parmentier si conclude definitivamente con l’opera 20 novembre 1999; realizzata per la mostra “JARS IV tegenvleug /à rebrousse-poil (Positie in de schilderkunst – Positions dans la peinture)” presso il Kunstcentrum Sittard dal dicembre 1999 al febbraio 2000 su iniziativa di Jos Cleevers, direttore del Kunstcentrum Sittard, Luk Lambrecht e Guy Massaux sono scelti come curatori ed invitano ad esporre Parmentier la cui opera viene in questa occasione messa in dialogo da Massaux con un a tela di Simon Hantaï; il 21 novembre 2000, dopo la morte dell’artista, inaugura presso la Galerie Jean Fournier di Parigi la mostra “Michel Parmentier: présentation de l’œvre 20 11 99” dove 20 novembre 1999 è esposta nello stesso punto in cui, trentacinque anni prima, era stata collocata Décembre 1965.
Nel 2001, il Centre Pompidou – Beaubourg organizzerà una doppia mostra: Simon Hantaï/Michel Parmentier, dal 17 gennaio al 19 marzo a Parigi. Successivamente, la Galerie Jean Fournier (2011) e la Galerie Loevenbruck (2014) di Parigi dedicano due importanti mostre personali a Parmentier; sempre nel 2014, “Michel Parmentier, Décembre 1965 – 20 Novembre 1999, une rétrospective”, a cura Guy Massaux è organizzata nella Villa Tamaris, Centre d’Art a La Seyne-sur-Mer. Una selezione di tele è poi esposta a Venezia a Punta della Dogana, in occasione della mostra “Accrochage” (2016) promossa dalla Pinault Collection. Nel 2018 viene presentata al Eli and Edythe Broad Art Museum presso la Michigan State University la prima retrospettiva dell’artista negli Stati Uniti, mentre nel 2021 14 février 1990 viene esposta nella selezione “Unlimited” di Art Basel 2021 a Basilea (CH), a cura di Giovanni Carmine.
Le gallerie Il Ponte (Firenze, 2022) e Eduardo Secci (Milano, 2023) presentano la prima retrospettiva italiana “Michel Parmentier. Opere e documenti”, a cura di Guy Massaux.
- Michel Parmentier, décembre 1967 (R01), 1967Painting on paper (folded/unfolded), lacquer, 7 horizontal bands horizontal, alternating paper
(blank) and red "coquelicot" from Ripolin, +/- 17 cm wide width (4+3) and, at the top and bottom 1
partial band of 6.75 and 7.5 cm
96 x 65 cm
37 3/4 x 25 5/8 in - Michel Parmentier, 28 septembre 1984, 1984Paint on unstretched canvas, 7 painted horizontal bands, alternating black and white 38 cm wide (4+3) and, at the top and bottom, 2 partial white bands of 2 x 7
280 x 245 cm
110 1/4 x 96 1/2 in - Michel Parmentier, 25 septembre 1965, 1965Ink, graphite oil and gouache on paper
120.3 x 80.5 cm
47 3/8 x 31 3/4 in - Michel Parmentier, 23 avril 1991, 1991White pastel applied flat, vertically, on tracing paper, 7 alternating horizontal bands 38 cm wide (4+3), and, at the top and bottom, 2 blank partial bands 19 cm wide.
304 x 300 cm
119 3/4 x 118 1/8 in - Michel Parmentier, 4 décembre 1989, 1989Fusain rubbed on tracing paper, 7 horizontal bands alternating 38 cm wide (4+3) and, at the top and
bottom, 2 blank partial bands 19 cm wide
304 x 300 cm
119 3/4 x 118 1/8 in

- Michel Parmentier