Dallas Art Fair

Eduardo Secci è lieta di annunciare la sua partecipazione alla Dallas Art Fair 2021. La galleria presenta uno stand che comprende una selezione dei suoi artisti principali come Stanley Casselman, Richard Dupont, Andrea Galvani, Kevin Francis Gray, Levi van Veluw, oltre ad alcune recenti e interessantissime collaborazioni con gli artisti José Carlos Martinat e Matthew Ritchie.
Sezione principale, stand F12
Early Access Champagne Soirée:
Giovedì 11 novembre, ore 16.00 – 20.00
Ingresso generale:
Venerdì 12 novembre, dalle 11.00 alle 19.00.
Sabato 13 novembre, dalle 11:00 alle 19:00
Domenica 14 novembre, 12:00-17:00
Eduardo Secci è lieta di annunciare la sua partecipazione alla Dallas Art Fair 2021. La galleria presenta uno stand che comprende una selezione dei suoi artisti principali come Stanley Casselman, Richard Dupont, Andrea Galvani, Kevin Francis Gray, Levi van Veluw, oltre ad alcune recenti e interessantissime collaborazioni con gli artisti José Carlos Martinat e Matthew Ritchie.
Sezione principale, stand F12
Early Access Champagne Soirée:
Giovedì 11 novembre, ore 16.00 – 20.00
Ingresso generale:
Venerdì 12 novembre, dalle 11.00 alle 19.00.
Sabato 13 novembre, dalle 11:00 alle 19:00
Domenica 14 novembre, 12:00-17:00
- Evan_Sheldon_Eduardo_Secci_Dallas_Art_Fair_November_2021_2 2 copy
- Levi van Veluw, Schermata 2022-12-14 alle 10.47.56
- Kevin Francis Gray, Schermata 2022-12-14 alle 10.49.16
- Stanley Casselman, Schermata 2022-12-14 alle 10.50.54
Richard Dupont è nato a New York nel 1968, dove vive e lavora.
La poliedrica pratica artistica di Dupont comprende installazioni, sculture, disegni, rilievi, animazioni e stampe. Il lavoro di Dupont trae ispirazione da una varietà di temi e riferimenti e utilizza il Postdigital in relazione alla storia della scultura e ai movimenti quali Body art, Process art e Systems art degli anni ’60 e ’70. Il suo lavoro, infatti, trae ispirazione da una varietà di temi e riferimenti, ed è stato descritto come “post-digitale” e “post-internet”. Tuttavia, egli utilizza modelli digitali 3D di corpi e oggetti piuttosto che le cose stesse. Dupont ha fatto scansionare il suo corpo in una struttura della General Dynamics nella Base Aerea di The Wright Patterson nel 2004, e da allora ha lavorato a queste immagini, tradotte in due e tre dimensioni. Un interesse per le implicazioni delle tecnologie biometriche è alla base di gran parte del suo lavoro.
Interessato al modo in cui esaminiamo noi stessi, Dupont vede le sue riproduzioni della figura umana come un modo per evidenziare l’idea di “auto-sorveglianza” e per notare il modo in cui mappiamo le nostre vite accumulando dettagli.
Le sue mostre personali più recenti includono: Richard Dupont Show, ARC Fine Art LLC, New York (2021), Biometries, Heads and Islands, ARC Fine Art LLC, New York (2021), Solo project, Untitled Miami (2019),
Fictions #1, Eduardo Secci Contemporary, Firenze (2018); Tracy Williams, Ltd., New York (2015); Object Ritual (Offsite), Queens Museum at Bulova Corporate Center, New York (2014); Eduardo Secci Contemporary, Firenze (2014); Tracy Williams, Ltd., New York (2013); Carolina Nitsch Project Room, MC Gallery, Seoul (2011); Progetto indipendente per The Armory Show, New York (2009); Lever House, New York (2008); Hudson Valley Center for Contemporary Art (HVCCA), Peekskill (2008); Tracy Williams, Ltd., New York (2007); Art Positions, Solo Project, Art Basel Miami, Miami (2005).
Ha esposto le sue opere in recenti mostre collettive in numerose Gallerie ed Istituzioni come: Galleria Planthouse, New York (2017,2018); Centro d’Arte Southampton, New York (2017); Museum of Contemporary Art San Diego (2016); Planthouse Gallery, New York (2016); New York Academy of Art, New York (2015); Museum of Arts and Design, New York (2013); Galleria d’Arte Memorial, Rochester2013); The Richard Massey Foundation for the Arts and Sciences, New York (2013); Carolina Nitsch Project Room, New York (2012): The Flag Art Foundation, New York (2010); Charest Weinberg Gallery, Miami (2010); International Print Center, New York (2009); New Prints Autumn 2007, International Print Center, New York (2008); Six Degrees of Separation, Stux Gallery, New York (2006); Center Gallery at FAU, Boca Raton (2004); Space 101, Brooklyn, New York (2003).
Richard Dupont è nato a New York nel 1968, dove vive e lavora.
La poliedrica pratica artistica di Dupont comprende installazioni, sculture, disegni, rilievi, animazioni e stampe. Il lavoro di Dupont trae ispirazione da una varietà di temi e riferimenti e utilizza il Postdigital in relazione alla storia della scultura e ai movimenti quali Body art, Process art e Systems art degli anni ’60 e ’70. Il suo lavoro, infatti, trae ispirazione da una varietà di temi e riferimenti, ed è stato descritto come “post-digitale” e “post-internet”. Tuttavia, egli utilizza modelli digitali 3D di corpi e oggetti piuttosto che le cose stesse. Dupont ha fatto scansionare il suo corpo in una struttura della General Dynamics nella Base Aerea di The Wright Patterson nel 2004, e da allora ha lavorato a queste immagini, tradotte in due e tre dimensioni. Un interesse per le implicazioni delle tecnologie biometriche è alla base di gran parte del suo lavoro.
Interessato al modo in cui esaminiamo noi stessi, Dupont vede le sue riproduzioni della figura umana come un modo per evidenziare l’idea di “auto-sorveglianza” e per notare il modo in cui mappiamo le nostre vite accumulando dettagli.
Le sue mostre personali più recenti includono: Richard Dupont Show, ARC Fine Art LLC, New York (2021), Biometries, Heads and Islands, ARC Fine Art LLC, New York (2021), Solo project, Untitled Miami (2019),
Fictions #1, Eduardo Secci Contemporary, Firenze (2018); Tracy Williams, Ltd., New York (2015); Object Ritual (Offsite), Queens Museum at Bulova Corporate Center, New York (2014); Eduardo Secci Contemporary, Firenze (2014); Tracy Williams, Ltd., New York (2013); Carolina Nitsch Project Room, MC Gallery, Seoul (2011); Progetto indipendente per The Armory Show, New York (2009); Lever House, New York (2008); Hudson Valley Center for Contemporary Art (HVCCA), Peekskill (2008); Tracy Williams, Ltd., New York (2007); Art Positions, Solo Project, Art Basel Miami, Miami (2005).
Ha esposto le sue opere in recenti mostre collettive in numerose Gallerie ed Istituzioni come: Galleria Planthouse, New York (2017,2018); Centro d’Arte Southampton, New York (2017); Museum of Contemporary Art San Diego (2016); Planthouse Gallery, New York (2016); New York Academy of Art, New York (2015); Museum of Arts and Design, New York (2013); Galleria d’Arte Memorial, Rochester2013); The Richard Massey Foundation for the Arts and Sciences, New York (2013); Carolina Nitsch Project Room, New York (2012): The Flag Art Foundation, New York (2010); Charest Weinberg Gallery, Miami (2010); International Print Center, New York (2009); New Prints Autumn 2007, International Print Center, New York (2008); Six Degrees of Separation, Stux Gallery, New York (2006); Center Gallery at FAU, Boca Raton (2004); Space 101, Brooklyn, New York (2003).
Andrea Galvani (nato in Italia nel 1973) vive e lavora da molti anni tra New York e Città del Messico. La sua ricerca concettuale si avvale di fotografia, disegno, scultura, performance, neon, materiali d’archivo e grandi audio e video installazioni che vengo sviluppate intorno all’ architettura degli spazi espositivi. I suoi progetti sembrano aumentare la nostra consapevolezza, attingendo a concetti e strumenti provenienti da diverse discipline e assumendo spesso linguaggi e metodologie di carattere scientifico.
Il lavoro di Galvani è stato esposto a livello internazionale in importanti musei e spazi istituzionali tra cui ricordiamo: il Whitney Museum di New York, la 4th Moscow Biennale of Contemporary Art di Mosca, Mediations Biennale di Poznan, in Polonia, Aperture Foundation, New York; The Calder Foundation, New York; Pavilion – Center for Contemporary Art and Culture, Bucharest; il Mart Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto; Museo Macro, Roma; GAMeC, Bergamo; De Brakke Grond, Amsterdam; Den Frie Centre of Contemporary Art, Copenaghen; Sculpture Center, New York; e molti altri. Le sue opere fanno parte delle principali collezioni pubbliche e private in Europa, nelle Americhe, in Asia e in Africa, tra cui: la Collezione permanente presso il Dallas Museum of Art, Texas; Deutsche Bank Collection, Londra; Artist Pension Trust, New York; la Contemporary Art Society, Aspen Collection, New York; la UniCredit Art Collection, Milano; the Permanent Collection of the United States Library of Congress, Prints and Photographs Division, Washington, DC; il Mart Museum of Modern and Contemporary Art di Trento e Rovereto; la 500 Capp Street Foundation, San Francisco; MAXXI Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, Roma; The Armory Show, New York e MACRO Testaccio, Roma. Tra i moltissimi grant e residency internazionali ricordiamo la sua partecipazione a Location One International Artist Residency Program a New York (2008), LMCC Lower Manhattan Cultural Council (2009), e il MIA Artist Space / Columbia University Department of Fine Arts (2010). Nel 2011 ha ricevuto il New York Exposure Prize ed è stato nominato per il prestigioso Deutsche Börse Photography Prize. Nel 2016, il Museo del Mart di Trento e Rovereto ha presentato la prima retrospettiva midcareer di Galvani in Europa. Nel 2017, il suo lavoro è stato selezionato per rappresentare la Deutsche Bank Collection a Frieze New York. Nel 2019 ha ricevuto il prestigioso Audemars Piguet Prize.
Andrea Galvani (nato in Italia nel 1973) vive e lavora da molti anni tra New York e Città del Messico. La sua ricerca concettuale si avvale di fotografia, disegno, scultura, performance, neon, materiali d’archivo e grandi audio e video installazioni che vengo sviluppate intorno all’ architettura degli spazi espositivi. I suoi progetti sembrano aumentare la nostra consapevolezza, attingendo a concetti e strumenti provenienti da diverse discipline e assumendo spesso linguaggi e metodologie di carattere scientifico.
Il lavoro di Galvani è stato esposto a livello internazionale in importanti musei e spazi istituzionali tra cui ricordiamo: il Whitney Museum di New York, la 4th Moscow Biennale of Contemporary Art di Mosca, Mediations Biennale di Poznan, in Polonia, Aperture Foundation, New York; The Calder Foundation, New York; Pavilion – Center for Contemporary Art and Culture, Bucharest; il Mart Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto; Museo Macro, Roma; GAMeC, Bergamo; De Brakke Grond, Amsterdam; Den Frie Centre of Contemporary Art, Copenaghen; Sculpture Center, New York; e molti altri. Le sue opere fanno parte delle principali collezioni pubbliche e private in Europa, nelle Americhe, in Asia e in Africa, tra cui: la Collezione permanente presso il Dallas Museum of Art, Texas; Deutsche Bank Collection, Londra; Artist Pension Trust, New York; la Contemporary Art Society, Aspen Collection, New York; la UniCredit Art Collection, Milano; the Permanent Collection of the United States Library of Congress, Prints and Photographs Division, Washington, DC; il Mart Museum of Modern and Contemporary Art di Trento e Rovereto; la 500 Capp Street Foundation, San Francisco; MAXXI Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, Roma; The Armory Show, New York e MACRO Testaccio, Roma. Tra i moltissimi grant e residency internazionali ricordiamo la sua partecipazione a Location One International Artist Residency Program a New York (2008), LMCC Lower Manhattan Cultural Council (2009), e il MIA Artist Space / Columbia University Department of Fine Arts (2010). Nel 2011 ha ricevuto il New York Exposure Prize ed è stato nominato per il prestigioso Deutsche Börse Photography Prize. Nel 2016, il Museo del Mart di Trento e Rovereto ha presentato la prima retrospettiva midcareer di Galvani in Europa. Nel 2017, il suo lavoro è stato selezionato per rappresentare la Deutsche Bank Collection a Frieze New York. Nel 2019 ha ricevuto il prestigioso Audemars Piguet Prize.

Kevin Francis Gray, nato nel 1972 in Irlanda del Nord, vive e lavora tra Londra e l’Italia.
Kevin Francis Gray ha generato un corpo di lavoro che affronta la complessa relazione tra astrazione e figurazione. La sua ricerca artistica si basa sull’intersezione tra tecniche di scultura tradizionale e vita contemporanea. Anziché lavorare verso ideali di bellezza o di memoria, Gray si focalizza sugli effetti psicologici dei suoi soggetti, spesso sfruttando superfici materiche per esprimere stati mentali, posture facciali o corporee. Dopo dieci anni dedicati alla lavorazione del marmo, i nuovi lavori di Gray cercano di spingere la pratica scultorea dell’artista verso nuovi territori di espressione fisica e psicologica.
Si è laureato presso il National College of Art & Design di Dublino (1995) e presso la School of Art Institute di Chicago (1996), per poi proseguire con un Master in Belle Arti presso il Goldsmiths College di Londra. Lavora a stretto contatto con lo studio di marmo Giannoni, a Pietrasanta, noto per l’impiego di tecniche scultorie risalenti a Canova e Michelangelo. Le sue opere hanno fatto parte di mostre presso la Royal Academy, Londra, UK; il Sudeley Castle, Winchcombe, Gloucestershire, UK; il Museum of Contemporary Art della Val de- Marne, Parigi, Francia; il Nieuw Dakota, Amsterdam; il Palazzo Arti Napoli, Napoli, Italia; il Musee d’Art Moderne, Saint-Etienne, Francia; l’ARTIUM, Centro-Museo Vasco de Arte Contemporáneo, Vitoria-Gasteiz, Spagna; il Tel-Aviv Museum of Art, Tel Aviv, Israele; e l’Art Space, New York, USA.
Kevin Francis Gray, nato nel 1972 in Irlanda del Nord, vive e lavora tra Londra e l’Italia.
Kevin Francis Gray ha generato un corpo di lavoro che affronta la complessa relazione tra astrazione e figurazione. La sua ricerca artistica si basa sull’intersezione tra tecniche di scultura tradizionale e vita contemporanea. Anziché lavorare verso ideali di bellezza o di memoria, Gray si focalizza sugli effetti psicologici dei suoi soggetti, spesso sfruttando superfici materiche per esprimere stati mentali, posture facciali o corporee. Dopo dieci anni dedicati alla lavorazione del marmo, i nuovi lavori di Gray cercano di spingere la pratica scultorea dell’artista verso nuovi territori di espressione fisica e psicologica.
Si è laureato presso il National College of Art & Design di Dublino (1995) e presso la School of Art Institute di Chicago (1996), per poi proseguire con un Master in Belle Arti presso il Goldsmiths College di Londra. Lavora a stretto contatto con lo studio di marmo Giannoni, a Pietrasanta, noto per l’impiego di tecniche scultorie risalenti a Canova e Michelangelo. Le sue opere hanno fatto parte di mostre presso la Royal Academy, Londra, UK; il Sudeley Castle, Winchcombe, Gloucestershire, UK; il Museum of Contemporary Art della Val de- Marne, Parigi, Francia; il Nieuw Dakota, Amsterdam; il Palazzo Arti Napoli, Napoli, Italia; il Musee d’Art Moderne, Saint-Etienne, Francia; l’ARTIUM, Centro-Museo Vasco de Arte Contemporáneo, Vitoria-Gasteiz, Spagna; il Tel-Aviv Museum of Art, Tel Aviv, Israele; e l’Art Space, New York, USA.

Levi van Veluw, nato nel 1985 a Hoevelaken (Paesi Bassi), vive e lavora ad Amsterdam. Dopo gli studi all’ArtEZ University of the Arts ad Arnhem (2007) concepisce lavori multidisciplinari, che includono installazioni scenografiche, fotografie, video, sculture e disegni. Van Veluw basa la sua pratica sull’idea di una realtà alternativa, creando un laboratorio visivo in cui sono presenti sia l’ordine che il caos. L’artista indaga la relatività della materia e attinge a teorie scientifiche e fisiche per affrontare dilemmi esistenziali. Le sue installazioni misteriose e sensoriali incoraggiano l’osservatore a riflettere sullo sviluppo di una nuova conoscenza, derivante dal desiderio di un universo regolato, pur riconoscendo l’impossibilità razionale del controllo totale.
Tra le sue mostre personali più recenti ricordiamo: Videocittà, Roma (2021); Eduardo Secci, Firenze (2020); Rijksmuseum Twenthe, Enschede, Paesi Bassi (2020); Praz-Delavallade, Parigi (2020); Het HEM, Zaandam, Paesi Bassi (2020); Tenuta Dello Scompiglio, Lucca (2019); Domaine de Kerguéhennec, Bignan, Francia (2018); La Galerie Particulière, Parigi (2017); Galerie Ron Mandos, Amsterdam (2019); Rosenfeld Porcini Gallery, Londra (2016). Tra le numerose mostre collettive: Museum Kranenburgh, Bergen, Paesi Bassi (2017); labellisée Normandie Impressonniste 2016, Jumièges, Francia; Museum de Fundatie, Zwolle, Paesi Bassi (2016); Maddox Arts, Londra (2015).
Van Veluw ha inoltre preso parte a importanti fiere internazionali come Zona Maco (2018); The Armory Show, New York (2017); Art Brussels (2016); Chicago Art Fair (2016); Volta Basel (2012) e the Barcelona Loop Fair Barcelona (2014).
Le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private, come BoLe sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private, come Borusan Contemporary Collection, Caldic Collection, Ekard Collection e KPMG Art Collection.
Levi van Veluw, nato nel 1985 a Hoevelaken (Paesi Bassi), vive e lavora ad Amsterdam. Dopo gli studi all’ArtEZ University of the Arts ad Arnhem (2007) concepisce lavori multidisciplinari, che includono installazioni scenografiche, fotografie, video, sculture e disegni. Van Veluw basa la sua pratica sull’idea di una realtà alternativa, creando un laboratorio visivo in cui sono presenti sia l’ordine che il caos. L’artista indaga la relatività della materia e attinge a teorie scientifiche e fisiche per affrontare dilemmi esistenziali. Le sue installazioni misteriose e sensoriali incoraggiano l’osservatore a riflettere sullo sviluppo di una nuova conoscenza, derivante dal desiderio di un universo regolato, pur riconoscendo l’impossibilità razionale del controllo totale.
Tra le sue mostre personali più recenti ricordiamo: Videocittà, Roma (2021); Eduardo Secci, Firenze (2020); Rijksmuseum Twenthe, Enschede, Paesi Bassi (2020); Praz-Delavallade, Parigi (2020); Het HEM, Zaandam, Paesi Bassi (2020); Tenuta Dello Scompiglio, Lucca (2019); Domaine de Kerguéhennec, Bignan, Francia (2018); La Galerie Particulière, Parigi (2017); Galerie Ron Mandos, Amsterdam (2019); Rosenfeld Porcini Gallery, Londra (2016). Tra le numerose mostre collettive: Museum Kranenburgh, Bergen, Paesi Bassi (2017); labellisée Normandie Impressonniste 2016, Jumièges, Francia; Museum de Fundatie, Zwolle, Paesi Bassi (2016); Maddox Arts, Londra (2015).
Van Veluw ha inoltre preso parte a importanti fiere internazionali come Zona Maco (2018); The Armory Show, New York (2017); Art Brussels (2016); Chicago Art Fair (2016); Volta Basel (2012) e the Barcelona Loop Fair Barcelona (2014).
Le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private, come BoLe sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private, come Borusan Contemporary Collection, Caldic Collection, Ekard Collection e KPMG Art Collection.

José Carlos Martinat nasce a Lima in Perù nel 1974, dove vive e lavora tuttora. La sua pratica si colloca al confine fra il mondo reale e virtuale e le sue fonti di ispirazione si rifanno all’architettura e al contesto urbano, alle memorie umane e tecnologiche.
Le sue installazioni multimediali e assemblaggi scultorei incorporano diversi materiali e strategie capaci di alterare i preconcetti in merito all’appartenenza delle cose, portando nel contesto della galleria ciò che è destinato alla strada, come una sorta di contemporaneo archeologo. Questo metodo estemporaneo si manifesta in numerose declinazioni. Le opere/insegna sono prodotte tramite il trasferimento di loghi di partiti politici, trovati sui muri della città, attraverso una pratica di distaccamento della superficie pittorica. Queste cosiddette Pintas sono delle appropriazioni di frammenti di slogan politici che terminano per entrare a far parte delle pareti delle gallerie d’arte. L’attrazione verso l’architettura modernista si mescola nel caso di Martinat, a una tendenza per una certa estetica del kitsch, che egli articola includendo loghi, colori stridenti e metodologie della street art.
La sua serie Ejercicios Superficiales comprende un insieme di lavori realizzati con differenti media,che evoca un’idea di superficialità nell’uso appunto di superfici prefabbricate ricoperte da graffiti.
Questa “superficialità” nelle intenzioni, o meglio il suo amore per le superficie, è presente anche nella composizione scultorea Monumentos Vandalizables – Abstracción del Poder presentata alla Biennale di Mercosul del 2009, dove frammenti di emblematici edifici progettati da Oscar Niemeyer per la futuristica Brasilia, sono costruiti in legno laccato bianco, e successivamente offerti ai visitatori della mostra per verniciarli a spruzzo con slogan, graffiti e altre tecniche di intervento. L’imbrattamento dell’icona potrebbe apparire come una boutade ribelle, che serve invece in realtà a perpetuare l’iconografia del modernismo. Potrebbe essere considerata inoltre, come una forza liberatrice di fronte al diffuso abuso di potere.
José Carlo Martinat ha proficuamente esposto a livello internazionale in istituzioni e eventi come: Perez art museum, Miami (2018); Luckman Fine Arts Complex, Los Angeles, (2017); Museo de Arte de Zapopán, México (2017); XII Bienal de la Habana, Cuba (2015); VII and X Mercosur Biennale, Brasile (2009 and 2015); Saatchi Gallery, Londra (2014); Tate Modern, Londra (2013); Biennale of Visual Arts, Irlanda (2012); Noord-Holland Biennale, Paesi Bassi (2012); Museum of Latin American Art, Los Angeles (2012); IX Shanghai Biennale, Cina (2012); Estação Pinacoteca, Brasile (2011); Museum of Contemporary Art, Miami (2011); Trienal Poligráfica de Puerto Rico, Puerto Rico (2009); Museo de ArteContemporáneo de Vigo, Spagna (2007); IFA (Germania), La Laboral, Spagna (2007); MALI, Lima (Lima), fra gli altri.
Le sue opere fanno parte di collezioni internazionali fra le quali: Tate Modern (Londra, UK), MoMA (New York, USA); Malba (Buenos Aires,Argentina); Saatchi Collection (Londra, UK); Mali (Lima, Perú). É rappresentato da Galería Leme di San Paolo e Revolver Galería (Lima-Perú e Buenos Aires-Argentina).
José Carlos Martinat nasce a Lima in Perù nel 1974, dove vive e lavora tuttora. La sua pratica si colloca al confine fra il mondo reale e virtuale e le sue fonti di ispirazione si rifanno all’architettura e al contesto urbano, alle memorie umane e tecnologiche.
Le sue installazioni multimediali e assemblaggi scultorei incorporano diversi materiali e strategie capaci di alterare i preconcetti in merito all’appartenenza delle cose, portando nel contesto della galleria ciò che è destinato alla strada, come una sorta di contemporaneo archeologo. Questo metodo estemporaneo si manifesta in numerose declinazioni. Le opere/insegna sono prodotte tramite il trasferimento di loghi di partiti politici, trovati sui muri della città, attraverso una pratica di distaccamento della superficie pittorica. Queste cosiddette Pintas sono delle appropriazioni di frammenti di slogan politici che terminano per entrare a far parte delle pareti delle gallerie d’arte. L’attrazione verso l’architettura modernista si mescola nel caso di Martinat, a una tendenza per una certa estetica del kitsch, che egli articola includendo loghi, colori stridenti e metodologie della street art.
La sua serie Ejercicios Superficiales comprende un insieme di lavori realizzati con differenti media,che evoca un’idea di superficialità nell’uso appunto di superfici prefabbricate ricoperte da graffiti.
Questa “superficialità” nelle intenzioni, o meglio il suo amore per le superficie, è presente anche nella composizione scultorea Monumentos Vandalizables – Abstracción del Poder presentata alla Biennale di Mercosul del 2009, dove frammenti di emblematici edifici progettati da Oscar Niemeyer per la futuristica Brasilia, sono costruiti in legno laccato bianco, e successivamente offerti ai visitatori della mostra per verniciarli a spruzzo con slogan, graffiti e altre tecniche di intervento. L’imbrattamento dell’icona potrebbe apparire come una boutade ribelle, che serve invece in realtà a perpetuare l’iconografia del modernismo. Potrebbe essere considerata inoltre, come una forza liberatrice di fronte al diffuso abuso di potere.
José Carlo Martinat ha proficuamente esposto a livello internazionale in istituzioni e eventi come: Perez art museum, Miami (2018); Luckman Fine Arts Complex, Los Angeles, (2017); Museo de Arte de Zapopán, México (2017); XII Bienal de la Habana, Cuba (2015); VII and X Mercosur Biennale, Brasile (2009 and 2015); Saatchi Gallery, Londra (2014); Tate Modern, Londra (2013); Biennale of Visual Arts, Irlanda (2012); Noord-Holland Biennale, Paesi Bassi (2012); Museum of Latin American Art, Los Angeles (2012); IX Shanghai Biennale, Cina (2012); Estação Pinacoteca, Brasile (2011); Museum of Contemporary Art, Miami (2011); Trienal Poligráfica de Puerto Rico, Puerto Rico (2009); Museo de ArteContemporáneo de Vigo, Spagna (2007); IFA (Germania), La Laboral, Spagna (2007); MALI, Lima (Lima), fra gli altri.
Le sue opere fanno parte di collezioni internazionali fra le quali: Tate Modern (Londra, UK), MoMA (New York, USA); Malba (Buenos Aires,Argentina); Saatchi Collection (Londra, UK); Mali (Lima, Perú). É rappresentato da Galería Leme di San Paolo e Revolver Galería (Lima-Perú e Buenos Aires-Argentina).

Matthew Ritchie nasce a Londra nel 1964, si laurea al Camberwell College of Art nel 1986 ed emigra negli Stati Uniti d’America nel 1987. Oggi vive e lavora a New York.
Le sue opere, quali installazioni ambientali di dipinti, disegni a parete, giochi, sculture, film e performance, rappresentano una continua indagine sull’idea di incarnazione dell’ informazione, esplorata tramite un universo condiviso di storie e immagini interconnesse che attingono dagli ambiti dell’arte, architettura, scienza, fantasia, sociologia, antropologia, mitologia, storia e delle dinamiche culturali, tutti uniti da un unico linguaggio visivo. Egli descrive generazioni di sistemi, idee e le loro relative interpretazioni in una sorta di ragnatela celebrale, concretizzando teorie di informazioni e ere effimere e intangibili in una forma gestuale unica e riconoscibile, che enfatizzi soprattutto le tracce della presenza umana.
Nel 1997, l’artista dà inizio a una serie di dipinti e installazioni intitolate The Main Sequence, che mirano a rappresentare visivamente la teoria del tutto tramite una narrazione frammentata. Ogni dipinto della serie si sviluppa come parte di un gioco interattivo che tenta di sintetizzare un intero campo di conoscenze, come quelle della fisica e biologia, tramite una storia stratificata ed immersiva. Matthew Ritchie è anche impegnato nel campo di ambiziosi progetti di arte pubblica, che proiettano complesse idee in spazi comunitari, focalizzandosi su progetti in cui il contenuto informativo del posto possa essere integrato nella forma architettonica del lavoro.
Negli ultimi anni, l’artista ha inoltre portato avanti un progetto per tracciare una storia visiva completa del segno di notazione o diagramma. Divisa in 3 parti: The Temptation of the Diagram, Surrender to the Diagram e The Demon in the Diagram, l’indagine ancora in corso si è manifestata in una serie di dipinti, performance, installazioni e una pubblicazione che esamina l’influenza del linguaggio notazionale sul sistema e sulla produzione del linguaggio. La raccolta di lavori più recenti di Matthew Ritchie, Time Diagrams, un’ambiziosa sequenza di 100 parti fra dipinti, pavimenti, pareti e performance, cerca di studiare la struttura e il linguaggio informativo della storia.
Ritchie ha esposto a livello internazionale negli ultimi vent’anni, incluse mostre personali presso Moody Center for the Arts at Rice University, Houston, TX (2018); Institute of Contemporary Art, Boston, MA (2014); ZKM Karlsruhe (2012); Barbican Theatre, Londra, UK (2012); Brooklyn Academy of Music (2009); NY, St. Louis Art Museum, MO (2007); MASS MoCA, North Adams, MA (2004); Contemporary Art Museum, Houston, TX (2003); and Dallas Museum of Art, TX (2001).
Recentemente è stato premiato del 2018-19 Dasha Zhukova Distinguished Visiting Artist al MIT Center for Art, Science & Technology. Le sue opere sono state esposte alla Whitney Biennial nel 1997, Sydney Biennale nel 2002, Bienal de Sao Paulo nel 2004, Seville Bienal nel 2008, Havana Bienal, e all’11esima Biennale Internazionale di Architettura di Venezia, Italia nel 2008; così come in importanti esposizioni presso il Solomon R. Guggenheim Museum, New York, NY; il Museum of Modern Art, New York, NY e il San Francisco Museum of Modern Art, CA.
Il suo lavoro è entrato a far parte di prestigiose collezioni permanenti come: Museum of Modern Art, New York, NY; Solomon R. Guggenheim Museum, New York, NY; Whitney Museum of American Art, New York, NY; San Francisco Museum of Modern Art, CA; Collezione Maramotti, Reggio Emilia, Italy; e the MIT List Visual Arts Center, Boston, MA fra le altre.
Matthew Ritchie nasce a Londra nel 1964, si laurea al Camberwell College of Art nel 1986 ed emigra negli Stati Uniti d’America nel 1987. Oggi vive e lavora a New York.
Le sue opere, quali installazioni ambientali di dipinti, disegni a parete, giochi, sculture, film e performance, rappresentano una continua indagine sull’idea di incarnazione dell’ informazione, esplorata tramite un universo condiviso di storie e immagini interconnesse che attingono dagli ambiti dell’arte, architettura, scienza, fantasia, sociologia, antropologia, mitologia, storia e delle dinamiche culturali, tutti uniti da un unico linguaggio visivo. Egli descrive generazioni di sistemi, idee e le loro relative interpretazioni in una sorta di ragnatela celebrale, concretizzando teorie di informazioni e ere effimere e intangibili in una forma gestuale unica e riconoscibile, che enfatizzi soprattutto le tracce della presenza umana.
Nel 1997, l’artista dà inizio a una serie di dipinti e installazioni intitolate The Main Sequence, che mirano a rappresentare visivamente la teoria del tutto tramite una narrazione frammentata. Ogni dipinto della serie si sviluppa come parte di un gioco interattivo che tenta di sintetizzare un intero campo di conoscenze, come quelle della fisica e biologia, tramite una storia stratificata ed immersiva. Matthew Ritchie è anche impegnato nel campo di ambiziosi progetti di arte pubblica, che proiettano complesse idee in spazi comunitari, focalizzandosi su progetti in cui il contenuto informativo del posto possa essere integrato nella forma architettonica del lavoro.
Negli ultimi anni, l’artista ha inoltre portato avanti un progetto per tracciare una storia visiva completa del segno di notazione o diagramma. Divisa in 3 parti: The Temptation of the Diagram, Surrender to the Diagram e The Demon in the Diagram, l’indagine ancora in corso si è manifestata in una serie di dipinti, performance, installazioni e una pubblicazione che esamina l’influenza del linguaggio notazionale sul sistema e sulla produzione del linguaggio. La raccolta di lavori più recenti di Matthew Ritchie, Time Diagrams, un’ambiziosa sequenza di 100 parti fra dipinti, pavimenti, pareti e performance, cerca di studiare la struttura e il linguaggio informativo della storia.
Ritchie ha esposto a livello internazionale negli ultimi vent’anni, incluse mostre personali presso Moody Center for the Arts at Rice University, Houston, TX (2018); Institute of Contemporary Art, Boston, MA (2014); ZKM Karlsruhe (2012); Barbican Theatre, Londra, UK (2012); Brooklyn Academy of Music (2009); NY, St. Louis Art Museum, MO (2007); MASS MoCA, North Adams, MA (2004); Contemporary Art Museum, Houston, TX (2003); and Dallas Museum of Art, TX (2001).
Recentemente è stato premiato del 2018-19 Dasha Zhukova Distinguished Visiting Artist al MIT Center for Art, Science & Technology. Le sue opere sono state esposte alla Whitney Biennial nel 1997, Sydney Biennale nel 2002, Bienal de Sao Paulo nel 2004, Seville Bienal nel 2008, Havana Bienal, e all’11esima Biennale Internazionale di Architettura di Venezia, Italia nel 2008; così come in importanti esposizioni presso il Solomon R. Guggenheim Museum, New York, NY; il Museum of Modern Art, New York, NY e il San Francisco Museum of Modern Art, CA.
Il suo lavoro è entrato a far parte di prestigiose collezioni permanenti come: Museum of Modern Art, New York, NY; Solomon R. Guggenheim Museum, New York, NY; Whitney Museum of American Art, New York, NY; San Francisco Museum of Modern Art, CA; Collezione Maramotti, Reggio Emilia, Italy; e the MIT List Visual Arts Center, Boston, MA fra le altre.







- Levi van Veluw



