- Chico da Silva, 
- Jordy Kerwick
For a Bestial Poetics
Le pareti della Galleria SECCI a Milano sono ricoperte di immagini di animali feroci, mostri e draghi dai corpi multicolori. Queste opere sono degli artisti Chico da Silva (Alto Tejo, Acre, Brasile, 1922 – Fortaleza, Ceará, Brasile, 1985) e Jordy Kerwick (1982, Australia). I due artisti svolto la loro attività artistica in tempi e contesti diversi, ma che ora sono riuniti in un dialogo potente.
Questa è la seconda presentazione del lavoro di Da Silva in Italia (la prima fu alla Biennale di Venezia del 1966, un’edizione che incluse altri artisti brasiliani considerati “naïf”) e la seconda presentazione del lavoro di Kerwick a Milano.
L’esposizione collega Chico da Silva a una poetica contemporanea — rappresentando un nuovo passo nel riconoscimento internazionale di Da Silva, un artista il cui lavoro è stato dimenticato dal mondo dell’arte per decenni — mentre associa Jordy Kerwick a una tradizione di immagini bestiali. Insieme, i dipinti sostengono una libertà immaginativa, permeata da una chimera di esseri che emergono dalle menti irrequiete e creative di entrambi gli artisti.
Nell’arte brasiliana, il percorso di Chico da Silva è unico: nato nella foresta amazzonica nel 1922 da madre cearense e padre indigeno peruviano, si trasferì da bambino a Fortaleza, capitale dello stato di Ceará, dove sviluppò la sua opera. Disegnando spontaneamente uccelli e draghi alati sui muri delle case della regione costiera della città, attirò l’attenzione del critico d’arte svizzero Jean Pierre Chabloz, che lo introdusse a formati portatili e portò il suo lavoro in Europa. La sua opera influenzò non solo altri artisti, ma anche la comunità intorno a lui.
Chico divenne una sorta di maestro, con discepoli che creavano a modo loro, un fenomeno oggi noto come la Scuola di Pirambu (Pirambu è il nome del quartiere di Fortaleza dove Chico visse per la maggior parte della sua vita).
Kerwick, a sua volta, crea dipinti che assimilano riferimenti canonici della storia dell’arte, come Henri Matisse e Henri Rousseau, in scene avvolte in un’estetica pop, dove le figure convivono sia nella natura che in ambienti domestici o urbani. Le sue scene suggeriscono una sorta di teatro delirante. Diversamente da Chico, che spesso fonde figura e sfondo con una costruzione puntinista, le figure di Kerwick appaiono in primo piano con motivi che ricoprono i loro corpi, in contrasto con le composizioni sullo sfondo. In queste creature, è difficile distinguere tra pelle e costume o caratterizzazione. Questo confine diventa ancora più sfumato negli oggetti tridimensionali che Kerwick introduce nello spazio: sebbene siano sculture, funzionano anche come maschere.
Chico talvolta diceva che le sue composizioni traevano origine dai suoi ricordi d’infanzia della natura tropicale e rigogliosa dell’Amazzonia; allo stesso modo, Kerwick attinge all’immaginario della propria infanzia come riferimento chiave per costruire la sua poetica. Il mondo ludico dei suoi due figli ispira frequentemente l’artista e informa uno dei motivi per cui è più noto: i personaggi a due teste.
In entrambi gli artisti, la natura è bestiale, con occhi enormi e denti aguzzi, pronta ad attaccare. Chico e Kerwick ci ricordano che la natura non è addomesticata; è una lotta eterna tra il forte e il debole, tra ciò che sopravvive e ciò che viene divorato. Eppure, può essere una fonte di bellezza e ispirazione, un invito a perdersi e ritrovarsi.
Thierry Freitas,
storico dell’arte e curatore della Pinacoteca di San Paolo. Nel 2023 ha organizzato la più completa retrospettiva dell’opera di Chico da Silva, presentata a San Paolo e in Ceará.
Le pareti della Galleria SECCI a Milano sono ricoperte di immagini di animali feroci, mostri e draghi dai corpi multicolori. Queste opere sono degli artisti Chico da Silva (Alto Tejo, Acre, Brasile, 1922 – Fortaleza, Ceará, Brasile, 1985) e Jordy Kerwick (1982, Australia). I due artisti svolto la loro attività artistica in tempi e contesti diversi, ma che ora sono riuniti in un dialogo potente.
Questa è la seconda presentazione del lavoro di Da Silva in Italia (la prima fu alla Biennale di Venezia del 1966, un’edizione che incluse altri artisti brasiliani considerati “naïf”) e la seconda presentazione del lavoro di Kerwick a Milano.
L’esposizione collega Chico da Silva a una poetica contemporanea — rappresentando un nuovo passo nel riconoscimento internazionale di Da Silva, un artista il cui lavoro è stato dimenticato dal mondo dell’arte per decenni — mentre associa Jordy Kerwick a una tradizione di immagini bestiali. Insieme, i dipinti sostengono una libertà immaginativa, permeata da una chimera di esseri che emergono dalle menti irrequiete e creative di entrambi gli artisti.
Nell’arte brasiliana, il percorso di Chico da Silva è unico: nato nella foresta amazzonica nel 1922 da madre cearense e padre indigeno peruviano, si trasferì da bambino a Fortaleza, capitale dello stato di Ceará, dove sviluppò la sua opera. Disegnando spontaneamente uccelli e draghi alati sui muri delle case della regione costiera della città, attirò l’attenzione del critico d’arte svizzero Jean Pierre Chabloz, che lo introdusse a formati portatili e portò il suo lavoro in Europa. La sua opera influenzò non solo altri artisti, ma anche la comunità intorno a lui.
Chico divenne una sorta di maestro, con discepoli che creavano a modo loro, un fenomeno oggi noto come la Scuola di Pirambu (Pirambu è il nome del quartiere di Fortaleza dove Chico visse per la maggior parte della sua vita).
Kerwick, a sua volta, crea dipinti che assimilano riferimenti canonici della storia dell’arte, come Henri Matisse e Henri Rousseau, in scene avvolte in un’estetica pop, dove le figure convivono sia nella natura che in ambienti domestici o urbani. Le sue scene suggeriscono una sorta di teatro delirante. Diversamente da Chico, che spesso fonde figura e sfondo con una costruzione puntinista, le figure di Kerwick appaiono in primo piano con motivi che ricoprono i loro corpi, in contrasto con le composizioni sullo sfondo. In queste creature, è difficile distinguere tra pelle e costume o caratterizzazione. Questo confine diventa ancora più sfumato negli oggetti tridimensionali che Kerwick introduce nello spazio: sebbene siano sculture, funzionano anche come maschere.
Chico talvolta diceva che le sue composizioni traevano origine dai suoi ricordi d’infanzia della natura tropicale e rigogliosa dell’Amazzonia; allo stesso modo, Kerwick attinge all’immaginario della propria infanzia come riferimento chiave per costruire la sua poetica. Il mondo ludico dei suoi due figli ispira frequentemente l’artista e informa uno dei motivi per cui è più noto: i personaggi a due teste.
In entrambi gli artisti, la natura è bestiale, con occhi enormi e denti aguzzi, pronta ad attaccare. Chico e Kerwick ci ricordano che la natura non è addomesticata; è una lotta eterna tra il forte e il debole, tra ciò che sopravvive e ciò che viene divorato. Eppure, può essere una fonte di bellezza e ispirazione, un invito a perdersi e ritrovarsi.
Thierry Freitas,
storico dell’arte e curatore della Pinacoteca di San Paolo. Nel 2023 ha organizzato la più completa retrospettiva dell’opera di Chico da Silva, presentata a San Paolo e in Ceará.